Il conto dei giorni
A martello suona il tempo che grida
La fuga irreparabile dell’ora.
Il secco scalpitare del rintocco
calato dalla torre campanaria
preme a onde la corsa della vita,
scandisce arcani dolorosi suoni,
di perdite e profitti chiede il conto,
di talenti fruttuosi o sotterrati.
(Ma tu calmati, cuore!)
Ed a me stesso
adolescente ingiunsi di provare
ogni brano di questa breve corsa
per coglierne i sentori, e di allentare
le corde degli affetti. Era l’età
del sapias, vina liques, carpe diem,
dell’umanistica ebbrezza. Sapore
avevano le donne d’albicocca,
un fuoco divorava a riga a riga
le parole sul foglio della vita,
la terra sussultava sotto il cielo,
il sole rosso s’abbassava a mare,
mentre l’onda brucava la sua sabbia.
Ma quasi mai ho mantenuto fede
al mio proposito. Disse un poeta:
Confesso che ho vissuto; e un altro: Vissi
al cinque per cento, non aumentate la dose.
Quanto io abbia vissuto
ignoro. Ma del tempo che rimane
ruminerò con gran dolcezza il pane.
BALESTRIERE Pasquale, Barano d’Ischia, (NA)